“Dal prossimo sindaco pretenderò coraggio immediato di fronte ai primi sgambetti”
Tusciaweb - La città che sogniamo - Antonello Ricci interviene nel dibattito avviato dal direttore Carlo Galeotti
Viterbo – “Caro direttore, lettrici e lettori carissimi, molto fra voi mi conoscono bene. Molto bene. Lo sapete, mi occupo di racconti e di insegnamento, non di politica militante.
In questo senso, parlando di elezioni, non ho nulla da perdere: quindi posso dire tutto. D’altro canto non ho neppure niente da guadagnare e quindi posso dire tutto a maggior ragione (cit. Pasolini).
Nessuna concessione però nelle mie riflessioni, vi prego di credermi, a tentazioni antipolitiche o a populismi di sorta: sono fra quelli (i pochi rimasti) che si ostinano a credere nella politica come servizio alla polis, da declinare come scelta di dedizione e impegno, e dunque come mestiere e carriera. Per amministrare sono indispensabili – accanto alla passione civile – esperienza, competenza, visione politica, capacità di mediazione. Sempre. Indefettibilmente. Ogni defezione in sotto questo aspetto espone una comunità di cittadini al rischio di gogne umilianti, di ambizioni avventuriere e primazie demagogiche.
Sto mettendo al centro del mio intervento, lo avete capito, i temi della governabilità e della efficienza di governo.
Che con l’esperienza della giunta di centro-destra guidata da Giovanni Arena si sia toccato il fondo dell’esperienza politico-amminitrativa nella storia repubblicana di questa città, non è mestieri qui dover nuovamente mostrare. Così come non servirà ribadire ancora una volta che la peggior piaga della giunta Arena – piaga insidiosa, velenosa, paralizzante – sia stato l’alto grado di conflittualità endemica nella coalizione vincitrice: tale da rallentare, indebolire, in molti casi impedire anche le performance di governo più ordinarie. Che certi fenomeni, infine, si fossero manifestati già in seno alla precedente maggioranza (giunta Michelini, di centro-sinistra) è altrettanto incontrovertibile.
Per questo, amiche e amici miei concittadini, vorrei mettervi a parte di alcune modeste proposte.
Dal prossimo primo cittadino eletto – qualunque ne sia l’appartenenza politica – pretenderò coraggio immediato di fronte ai primi cenni di sgomitate e sgambetti, di petti gonfi e maschi alfa in seno alla maggioranza di cui è espressione. Al primo fischio, cartellino giallo: un fermo-urgente invito alla mediazione condivisa. Al secondo, cartellino rosso senza esitazioni: tutti a casa e si torni alle urne. Niente ignavi sul ponte di comando della città che amo.
Dai prossimi assessori della giunta pretendo invece due virtù che trascendano le tessere di partito (le quali non sono certo un crimine, sia chiaro): competenza ed esperienza giuridica, burocratica, amministrativa e un progetto politico in chiaro già dalla campagna elettorale. Poiché triste è la polis dove regnino incompetenza e vuoto di idee, di programmi e quindi di azione (certo non basterà il pur lodevole entusiasmo sciorinato da parte degli eventuali neofiti): nella migliore delle ipotesi, in certi casi, tocca ai dirigenti – volenti o nolenti – dettare de facto le politiche nei vari settori; nella peggiore sono invece le lobby di settore a insediarsi nel vuoto politico e a condizionare l’attività di governo. Mai più stipendi assessorili come regalie concesse per nudi bracci-di-ferro partitici o utilitarismi di coalizione nella città che amo.
Dai prossimi consiglieri eletti infine, tutte e tutti, di maggioranza e minoranza, pretendo un giuramento preliminare d’astensione da qualsiasi tentazione al cambio di casacca in corsa. Qualunque possa esserne la motivazione addotta. Poiché su quaranta eletti, un consigliere tardivamente “illuminato” sulla via di Damasco ci può pure stare – siamo pur sempre uomini umani (cit. Totò-Pasolini-Totò). Ma quando i casi diventano una decina, per la semplice legge dei grandi numeri, il fenomeno crea massa critica e fa dunque statistica: gridando ai quattro venti l’umiliante verità, salti della quaglia e mercati delle vacche. Il re è nudo. Niente egotismi perciò, niente presunzioni o smanie di protagonismo ai danni della città che amo.
Come cittadino, come elettore: non mi pare di chiedere la luna”.
Antonello Ricci